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PUBBLICAZIONI IN TEMA DI CACCIA

MIRINO LASER ED ALTERAZIONE DI ARMI

 

Una questione assai dibattuta al giorno d’oggi è la legittimità o meno dell’utilizzo del mirino laser o di altre apparecchiature equivalenti nel mondo venatorio. Premettiamo che ad oggi non c’è una chiara e definitiva normativa che possa dirimere una volta a livello nazionale per tutte la vexata questio, ad eccezione della legge regionale del Piemonte n. 70 del 1996, art. 49 lettera f), che espressamente proibisce l’uso di tale mezzo all’interno della summenzionata regione. Ci sono però delle indicazioni da tenere a mente, fondamentali, per evitare di incorrere in sanzioni penali. Una recentissima sentenza della Cassazione (la n. 28511 del 2009) ha affermato per la prima volta che l'utilizzo del mirino laser durante la caccia non è consentito. Andando ad esaminare meglio la citata pronuncia però, ci si accorge che nel caso di specie si era di fronte ad un episodio molto specifico che è bene riassumere. Il mirino laser era fissato al fucile in modo fisso, e solo l'utilizzo di una chiave inglese ha permesso agli agenti accertatori di smontarlo; tale requisito è stato definito la prima delle due ragioni per cui il mirino deve essere considerato vietato. Per la sentenza summenzionata, il secondo elemento alla base del divieto espresso dalla Cassazione è fondato sul fatto che la direttiva europea n. 409/79 allegato 4 lettera a), vieta di "illuminare il bersaglio"; proprio questo è il punto decisivo. Il Massimo Organo Giudicante ha considerato che utilizzare il mirino laser equivale ad illuminare il bersaglio. E' evidente che l'orientamento espresso dalla Consulta è quantomeno discutibile, in quanto è illogico sostenere che un puntino rosso possa illuminare la preda del cacciatore. Di opposto tenore è la ancora più recente sentenza n. 55/2010 emessa dal Tribunale di Urbino nella quale una carabina provvista di un artigianale sistema di puntamento laser non veniva considerata punibile ai sensi dell’art. 3 della legge 110/75 “in quanto tale congegno non configura la modificazione o l’alterazione dell’arma, ma soltanto una aggiunta di carattere pressoché estetico, non idonea a potenziare la capacità offensiva della carabina”. Si sottolinea in questo caso che l’elemento della artigianalità del mirino laser, applicato con morsetti in metallo e nastro adesivo ed alimentato attraverso batterie contenute in un apparecchio in plastica, è stato fondamentale per l’assoluzione dell’imputato dall’accusa di alterazione di armi. Stante l'assenza, come già ricordato, di una chiara ed incontrovertibile normativa nazionale su questa tematica, si dovrà pertanto esaminare il singolo caso, tenendo conto delle due sentenze sopra citate. Pertanto si può concludere che l'utilizzo del mirino laser nella caccia, nel caso in cui sia incorporato al fucile in maniera fissa e stabile, sia vietato, mentre il carattere artigianale e facilmente rimuovibile di tale congegno fa propendere per la legalità di tale strumento. Veniamo infine ad esaminare le conseguenze penali del reato di alterazione di armi. La normativa vigente proibisce l'alterazione delle armi, facendo richiamo all'art. 3 della legge n. 110 del 1975, ed all'art. 30 lett. h) della legge 157/92 (nella parte in cui si proibisce l'utilizzo di mezzi vietati). Le due fattispecie sono molto diverse nell'entità della sanzione in quanto nella prima si applica una reclusione da 1 a 3 anni, mentre la seconda è punita con un'ammenda fino ad € 516 (contravvenzione per cui si è ammessi all’oblazione che, ricordiamo in questa sede, estingue il reato). Difficile definire quando si applica la prima sanzione e quando la seconda, in quanto le medesime previsioni normative coprono la medesima condotta (sarà il Pubblico Ministero ad individuare la fattispecie da applicare al caso concreto); si può affermare che la legge 110/75 punisce la condotta stessa consistente nell’alterazione di un’arma (a prescindere dal fatto di essere o meno a caccia), mentre l’art. 30 punisce l’effettivo svolgimento della caccia con mezzi vietati. In linea generale un'arma si considera alterata se viene effettuata una modifica delle sue caratteristiche meccaniche o delle dimensioni. Quando si parla di caratteristiche meccaniche si fa riferimento al funzionamento dell'arma stessa, come ad esempio le operazioni volte a cambiare il calibro di un fucile. Non rientrano invece nelle modifiche altri interventi quali la sostituzione di molle, l'alleggerimento dello scatto o l'aggiunta di contrappesi, né l'utilizzo del cannocchiale tradizionale.La legge deve essere interpretata quindi cum grano salis per evitare che qualsiasi intervento possa essere considerato reato (ad esempio in linea di principio anche una tracolla per il fucile potrebbe in teoria agevolare la caccia, ma sarebbe completamente assurdo sanzionarlo penalmente). In altre parole si ha alterazione di un'arma quando si venga a determinare un aumento della sua capacità offensive mediante una modificazione meccanica della stessa. Deve poi essere ricordato che legge 110/75 punisce esclusivamente chi materialmente altera un'arma; ciò significa che detenere un'arma modificata da altri non comporta la commissione di alcun reato secondo la fattispecie normativa più grave, mentre l'ammenda prevista dalla legge 157/92 si concretizza nel momento stesso in cui si utilizzi il mezzo vietato, a prescindere dall'effettivo autore della modificazione.

30/03/2010

Avv. Alessandro Pagnini

CONFISCA DELLE ARMI NELLA CACCIA

La confisca delle armi nell’ambito della caccia è una tematica molto rilevante che risulta di estremo interesse per tutti i cacciatori. Può capitare infatti di essere sanzionati penalmente durante la stagione venatoria per avere contravvenuto uno degli articoli previsti dalla legge 157/92; a questo proposito è importante sapere quando si andrà incontro ad una probabile confisca dell’arma (intendendo per confisca un provvedimento del Giudice che sottrarrà definitivamente il fucile al cacciatore) e quando invece il proprio strumento d’eccellenza venatorio verrà riconsegnato al trasgressore. La confisca si basa quindi su un precedente sequestro di un Ufficiale o Agente di Polizia Giudiziaria che toglie momentaneamente la disponibilità dell’arma al cacciatore. E’ fondamentale sapere che la normativa sulla caccia è una importante eccezione alla rimanente normativa riguardante le armi dove vige l'operatività del combinato disposto di cui agli artt. 240 cpv. cod. pen. e 6 della legge 22 maggio 1975 n. 152, in forza della quale può darsi luogo a confisca, quando trattasi di reati concernenti le armi, anche in assenza di una pronuncia di condanna (ad esempio nel caso di un’oblazione). Nel campo venatorio tale principio viene ribaltato dall’art. 28, II comma della l. 157/92 che dispone tassativamente quando si applica la confisca delle armi. Tale confisca avviene infatti solo quando vi è una condanna penale relativa agli art. 30, comma 1, lett-A (caccia durante il divieto generale), -B e -C (abbattimento di specie protette), , -D (caccia nei parchi nazionali, regionali e oasi protette) -E (uccellagione) della legge 157/92.In tutti gli altri casi la confisca non avviene, e l’arma deve essere restituita. Tale principio è stato sancito dalle autorevoli sentenze della Suprema Corte di Cassazione n. 6228/09, n. 224709/03, n. 4897/08, e n. 9208/03, a cui corrispondono concordi sentenze ed ordinanze di merito (Tribunale di Lanciano del 27/1/2001, e Tribunale di Pesaro del 06/07/2010). La ratio di tale orientamento va ritrovato nella motivazione della pronuncia n. 9208/03 dove si esplica che “l’esigenza di ordine pubblico per cui viene disposta la confisca obbligatoria delle armi è riferibile ESCLUSIVAMENTE ai reati che disciplinano direttamente la legittimità della detenzione delle armi, e non anche a qualsiasi altra fattispecie criminosa nella quale l’uso improprio di armi legittimamente detenute diventa occasionalmente mezzo per la commissione del reato. Esulano pertanto dalla previsione della confisca obbligatoria, di cui alla legge citata, le fattispecie criminose disciplinate dalla legge n. 157/92, contenente norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”. Pertanto alla luce del Principio di Specialità, secondo il quale la legge speciale (in questo caso venatoria) deroga la restante normativa generale, confermato dalle decisioni giurisprudenziali sopra menzionate, la confisca delle armi utilizzate per la caccia può avvenire solo nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge 157/92.

16/11/2011

Avv. Alessandro Pagnini

PERQUISIZIONE E CACCIA

 

La perquisizione è una tematica che pur essendo regolata dal codice di procedura penale, lascia un ampio spazio discrezionale alle forze dell’ordine; quelle che seguono sono delle regole comportamentali e l’elencazione di diritti e doveri nel caso di un controllo. Chi la può fare: qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria e in via di urgenza e necessità anche tutti gli agenti di polizia giudiziaria, possono porre in essere una perquisizione. In buona sostanza il cacciatore deve sapere che tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine (polizia, carabinieri, guardia di finanzia, corpo forestale, guardiacaccia provinciali, ecc.) rivestono tale qualifica. Chi NON la può fare: le guardie volontarie, sia delle associazioni venatorie sia di quelle ambientaliste NON sono di norma considerate p.g. e quindi non sono autorizzate. Una recentissima sentenza della Cassazione attribuisce qualifica di p.g. alle guardie volontarie, esclusivamente in relazione agli animali da affezione (cane e gatto, quindi potrebbero perquisire le cucce per cani per verificare eventuali maltrattamenti). Quindi non possono procedere al sequestro né delle armi né della fauna da voi cacciata. Differenze tra Perquisizione e Ispezione: la perquisizione è un’operazione “invasiva” che si svolge sulla persona o nei luoghi per rintracciare il corpo del reato; l’ispezione riguarda invece un’attività “ispettiva” con la quale la p.g. prende nota ad esempio di ciò che vi è all’interno della vostra autovettura senza aprirla. Perquisizione con mandato: di norma l’autorità giudiziaria firma un mandato con il quale dispone la perquisizione personale o locale; è palese che un cacciatore raramente si troverà di fronte a tale situazione. Perquisizione senza mandato: la p.g. può effettuare una perquisizione senza mandato in determinati casi e può perquisire le persone, i locali, le macchine, i bagagli e gli effetti personali per i seguenti motivi: prevenire o reprimere il traffico di droga o se ha fondato motivo di credere che deteniate armi, munizioni o esplosivi; trovare qualcuno cercato dalla polizia che si nasconde;in caso di evasione; in caso di determinati delitti di associazione mafiosa, traffico di droga o delitti con finalità di terrorismo;in caso di flagranza di reato (cioè quando siate sorpresi a commettere un reato o veniate trovati in possesso di cose o tracce dalle quali si evidenzi che abbiate commesso un reato in precedenza, quali ad esempio l’uso di un registratore, o l’abbattimento di specie protetta). E’ un proprio diritto essere assistiti dal proprio legale di fiducia e quindi si ha diritto a convocarlo nel momento in cui si stanno per iniziare le operazioni ed al termine si deve sempre chiedere copia del verbale di perquisizione (in ogni caso, anche se non viene sequestrato nulla) che dovrete firmare; in tale verbale devono risultare i nomi e la qualifica di chi fa la perquisizione, si indicano le operazioni eseguite, i motivi per cui si è proceduto senza l’autorizzazione del giudice, gli eventuali oggetti sequestrati. La perquisizione deve essere inoltrata immediatamente al pubblico ministero che entro le successive 48 ore la convalida o meno. La perquisizione delle abitazioni e auto parcheggiate nei pressi di queste ultime è sottoposta a più rigidi controlli, e deve avvenire tra le ore 7 e le ore 20, salvo mandato specifico del giudice. Qualora si effettui una perquisizione arbitraria (cioè al di fuori delle norme sopra citate) il pubblico ufficiale commette il reato previsto e punito dall’at. 609 c.p. con reclusione fino ad un anno. Si segnala che gli errori più comuni che possono essere fatti sono quelli di ostacolare fisicamente lo svolgimento di una perquisizione o di un sequestro (esempio: la polizia mi sta perquisendo la borsa ed io oppongo resistenza strappandola di mano). Tale condotta è punibile come resistenza a pubblico ufficiale. E’ prassi delle forze dell’ordine richiedere di aprire il bagagliaio dell’auto o la vostra borsa, al fine di evitare una vera e propria perquisizione e tutte le formalità sopra descritte; a tale richiesta non siete obbligati ad ottemperare, è semplicemente un escamotage degli agenti per evitare di produrre verbali ed ottenere rapidamente il controllo della vostra auto o borsa. E’ quindi palese che le forze dell’ordine possiedono molta discrezionalità in ordine ai motivi per effettuare una perquisizione per cui qualora vi rifiutaste di aprire spontaneamente la vostra borsa, per i motivi sopra esposti riusciranno molto probabilmente ad effettuare la perquisizione, e pertanto si consiglia di adottare un atteggiamento collaborativo, che spesso è utile a risolvere eventuali contrasti in tempi brevi, soprattutto qualora si sappia di essere perfettamente in regola con la legge.

20/11/2009

Avv. Alessandro Pagnini

 

DETENZIONE DI FAUNA PROTETTA

La questione della detenzione di specie di mammiferi e uccelli morti nei cui confronti la caccia non è consentita, ha più volte interessato il mondo venatorio. Può succedere di essere coinvolti in un procedimento penale dove l’imputazione prevista sia l’art. 30 lett.h) della legge 157/92 e nello specifico per avere detenuto della fauna protetta. Tale legge infatti ha predisposto un ampio ventaglio di ipotesi per tutelare le specie animali non cacciabili. Si parla a tale proposito di “abbattere, catturare e detenere” specie protette. Se per le prime due fattispecie, non sorgono contestazioni in ordine alla rilevanza penale ed alla relativa ammenda prevista, per la detenzione è importante rilevare ciò che ha statuito il Giudice Penale del Tribunale di Tempio Pausania in un recente sentenza (n. 215/10). In tale decisione infatti il Giudice ha stabilito, confermando i precedenti orientamenti giurisprudenziali, che “detenere specie protette morte”, qualora il cacciatore non le abbia abbattute ma solo raccolte non integra alcun reato. Sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cassazione n. 21212/07 e n. 3980/95) infatti ha rilevanza penale solo ed esclusivamente la detenzione di fauna protetta viva, non essendo sanzionabile invece la detenzione di animale tutelati morti; e ciò proprio perché l’obiettivo della legge stessa (come ribadisce il Massimo Organo Giudicante) è tutelare la fauna intesa come essere vivente. Il ritrovamento perciò di animali morti, seppure protetti, abbattuti da terzi, e la conseguente detenzione di essi con costituisce reato. A tale proposito risultano quindi fondamentale le verbalizzazioni degli agenti operanti, i quali dovranno specificare se la detenzione della fauna protetta sia riferibile ad animali già morti oppure in vita.In mancanza di tali conclusioni, sarà il contesto nel quale è stata eseguita la perquisizione ed il sequestro dell’animale, nonché le testimonianze al processo, a fare evincere se la fauna fosse o meno viva al momento del controllo. Nella sentenza citata, gli agenti verbalizzanti avevano omesso completamente di accertare tale punto; i testimoni della difesa invece hanno ribadito come l’animale protetto fosse già morto al momento del ritrovamento, e di conseguenza il cacciatore in questione è stato assolto dal capo di imputazione. In conclusione, il cacciatore che dovesse imbattersi in un qualsiasi animale morto, ucciso da terzi, non commette alcun reato qualora decida di raccoglierlo e detenerlo.

07/07/2011

Avv. Alessandro Pagnini

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